Nelle “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (legge di stabilità 2016) è stato costituito per l’anno corrente un un fondo con una dotazione finanziaria di ben 150 milioni di euro che dovrebbe servire “per il potenziamento degli interventi e delle dotazioni strumentali in materia di protezione cibernetica e di sicurezza informatica nazionali nonché per le spese correnti connesse ai suddetti interventi.” Il dieci per cento di questo fondo è destinato “al rafforzamento della formazione del personale del servizio polizia postale e delle comunicazioni, nonché all’aggiornamento della tecnologia dei macchinari e delle postazioni informatiche” [1]
Questi soldi finiranno “in via prioritaria” nelle casse dei tre servizi segreti, anche al fine di attuare “specifiche misure di rafforzamento delle attività di prevenzione e di contrasto con mezzi informatici del crimine di matrice terroristica nazionale e internazionale”.
Sarà un caso, ma dopo pochi giorni dall’approvazione della legge è scoppiata l’ennesima baruffa quando è iniziato a circolare il nome del papabile alla carica di consulente nel settore della sicurezza informatica, sono volate le solite minacce della cosiddetta opposizione e le difese di ufficio del Governo. Il tutto perché la persona in questione è, oltre che co-fondatore di una società che fa affari proprio nel campo della sicurezza, anche un amico di vecchia data del presidente del consiglio. Alle scaramucce parlamentari si è aggiunta anche una “lettera aperta”, firmata da alcuni noti e meno noti esperti del settore che, senza spendere una parola sulla questione della nomina, hanno invitato il Governo a scegliere persone capaci ed esperte. Ma, soprattutto, a spendere molti più soldi nella sicurezza informatica in modo da mettere l’Italia “all’altezza delle crescenti minacce, e soprattutto del ruolo geopolitico e strategico che il nostro Paese merita di avere nel mondo.” [2] Il preoccupante tono finale in puro stile “posto al sole” e il fatto che, come esplicitamente affermato nella lettera, ci sono anche alcuni firmatari che non compaiono “per motivi istituzionali ma partecipano e sostengono l’iniziativa”, potrebbe legittimamente far pensare ad un elenco di candidature per un futuribile “ciber esercito”, pronto a sacrificarsi davanti a un monitor per difendere le infrastrutture informatiche della penisola.
Che la sicurezza informatica sia un affare anche economico è noto e lo stanziamento di tutto rispetto presente nella legge finanziaria non dovrebbe stupire, visto che anche la maggior parte degli altri paesi ha aumentato negli ultimi mesi questi capitoli di spesa.
Quello che invece è preoccupante sono le ricadute di decisioni del genere sulle libertà collettive.
Perché un qualsiasi piano nazionale di sicurezza informatica deve necessariamente prevedere anche un lavoro rivolto all’individuazione dei potenziali pericoli, prima che diventino minacce reali. In altre parole non si tratterà solo di approntare delle difese passive o studiare piani per reagire tempestivamente ad un attacco riuscito ma anche prevenirlo, per quanto possibile. Del resto il primo indirizzo operativo del “Piano nazionale per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica” [3] del 2013 riguarda proprio il “Potenziamento delle capacità di intelligence”. Tra i punti relativi a questo viene chiaramente individuata la necessità di “Sviluppare capacità e procedure per il monitoraggio del traffico e per la correlazione degli eventi” il che lascia poco adito a dubbi riguardo al fatto che questo significherà un aumento del controllo delle comunicazioni. Anche se quando poi si legge che, tra gli “indirizzi strategici”, c’è anche il “Rafforzamento delle capacità di contrasto alla diffusione di attività e contenuti illegali on-line” ci si potrebbe chiedere che genere di minaccia alla sicurezza collettiva rappresentano quelli che illegalmente mettono sui siti web materiali coperti dal diritto d’autore.
La polemica riguardante la nomina a consulente del meritevole amico degli amici è durata il tempo regolamentare, ma non è detto che non salterà di nuovo fuori per alimentare il gossip dell’informazione ufficiale, sempre più strumento di distrazione di massa.
Pepsy
Riferimenti
[1] http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2015/12/30/15G00222/sg
[2] https://www.cybersecuritynazionale.org/
[3] http://www.agid.gov.it/sites/default/files/leggi_decreti_direttive/piano-nazionale-cyber_0.pdf